Le neuroprotesi intelligenti aprono scenari di simbiosi uomo-macchina, ma richiedono regole etiche e prudenza clinica.
La simbiosi forte tra cervello umano e macchina digitale non è più fantascienza. Alcuni prototipi di neuroprotesi “intelligenti” instaurano un dialogo bidirezionale continuo, adattandosi ai segnali cerebrali e modificandoli in risposta. Questo modello apre a terapie personalizzate e riabilitazioni mai viste prima.
Ma l’integrazione così profonda solleva domande: dove finisce la persona e dove inizia la macchina? Cosa accade se il dispositivo viene rimosso? La letteratura più recente invita alla prudenza etica, raccomandando linee guida internazionali e una valutazione costante del bilancio tra beneficio terapeutico e impatto identitario.